mercoledì 8 febbraio 2017

LO SPRECO ALIMENTARE

DIMINUIRE LO SPRECO CONVIENE A TUTTI 

La metà del cibo che viene prodotto nel mondo, circa due miliardi di tonnellate, finisce nella spazzatura, benché sia in gran parte commestibile. Il dato emerge da un rapporto del gennaio 2013 dell’Institution of Mechanical Engineers, associazione degli ingegneri meccanici britannici.

Fra le cause di questo spreco di massa ci sono le cattive abitudini di milioni di persone, che non conservano i prodotti in modo adeguato. Ma anche le date di scadenza troppo rigide apposte sugli alimenti, le promozioni che spingono i consumatori a comprare più cibo del necessario, i numerosi passaggi dal produttore al consumatore nelle catene di montaggio dei cibi industriali.

A fronte dei miliardi di tonnellate di cibo gettato nella spazzatura, c’è un miliardo di persone al mondo che non ha accesso a sufficienti risorse alimentari

Lo spreco di cibo nel mondo

Questa stima è lievemente superiore – ma in linea – con quella della Fao, secondo cui oltre un terzo del cibo prodotto ogni anno per il consumo umano, cioè circa 1,3 miliardi di tonnellate, va perduto o sprecato, contenuta nello studio intitolato Global Food Losses and Food Waste (Perdite e spreco alimentare a livello mondiale). Lì si dice che i paesi industrializzati e i paesi in via di sviluppo sperperano, rispettivamente, 670 e 630 milioni di tonnellate di cibo ogni anno.
Il documento era stato commissionato dalla Fao all’Istituto svedese per il cibo e la biotecnologia (Sik) in occasione di Save the Food. Solutions for a world aware of its resources, nel 2011. Solo nei Paesi industrializzati vengono buttate 222 milioni di tonnellate di cibo ogni anno: una quantità che sarebbe sufficiente a sfamare l’intera popolazione dell’Africa subsahariana.

Lo spreco di cibo in Europa

In Europa, la quantità ammonta a 89 milioni di tonnellate, ovvero a una media di 180 kg pro capite. Lo spreco domestico maggiore pro capite si registra in Inghilterra, con 110 kg a testa, seguono Stati Uniti (109 kg) e Italia (108 kg), Francia (99 kg), Germania (82 kg), Svezia (72 kg). “Il 42% degli sprechi alimentari in Europa avvengono tra le mura di casa” precisa Francesco Mele, responsabile della campagna contro lo spreco alimentare di Slow Food Italia.
Lo spreco di cibo in Italia

In Italia secondo il Barilla Center for Food and Nutrition ogni anno finiscono tra i rifiuti dai 10 ai 20 milioni di tonnellate di prodotti alimentari, per un valore di circa 37 miliardi di euro. Un costo di 450 euro all’anno per famiglia. Cibo che basterebbe a sfamare, secondo la Coldiretti, circa 44 milioni di persone.

Per chi fosse interessato all'argomento può cliccare QUI per leggere delle notizie inerenti allo spreco e al rispetto dell'ambiente che ci circonda e a delle date di alcuni manifestazioni.

domenica 5 febbraio 2017

DUOMO DI CHIVASSO

La chiesa collegiata di Santa Maria Assunta è il principale luogo di culto cattolico di Chivasso, in provincia di Torino, sede della parrocchia omonima, appartenente alla diocesi di Ivrea.

La chiesa risale al 1415, quando la città faceva parte del marchesato del Monferrato. La facciata è adornata da fregi e figure in cotto che costituiscono un'importante manifestazione dell'arte tardogotica quattrocentesca in Piemonte.

Storia

La chiesa è abitualmente (e impropriamente) chiamata dai Chivassesi "il Duomo"; in realtà essa ha la qualifica di "insigne collegiata", concessa dal vescovo d'Ivrea monsignor Luigi Bettazzi nel 1996, in quanto antica ed illustre sede di un capitolo di canonici.

La decisione di costruire la chiesa – destinata a diventare la nuova sede del capitolo dei canonici già presenti in Chivasso nel vecchio borgo occidentale di San Pietro – venne assunta dal Marchese del Monferrato Teodoro II della dinastia dei Paleologi nel 1415. La scelta di finanziare la costruzione della chiesa sulla allora piazza del mercato, nei pressi del palazzo marchionale (del quale resta oggi solo la poderosa torre in pietra a pianta ottagonale) si inseriva nel progetto urbanistico di abbellimento del centro cittadino, cuore pulsante della florida economia chivassese.

La costruzione della chiesa proseguì con il successore di Teodoro II, Giovanni Giacomo, che fu marchese tra il 1418 ed il 1445. Egli tuttavia, gravato dalle spese militari connesse alla sua politica espansionistica, già dal 1425 si trovò nell'impossibilità di continuare a finanziari i lavori della chiesa. Si rese così necessario l'intervento della "Credenza" cittadina che assunse l'onere del completamento della costruzione. La chiesa, anche se incompiuta, fu consacrata nel 1429 dal vescovo d'Ivrea Giacomo de Pomariis. Nel 1475 venne innalzata la volta della navata maggiore e del presbiterio, mentre il campanile venne terminato nel 1487. L'effettivo trasferimento nella nuova collegiata del capitolo dei canonici avvenne solo nel 1480[1].

Nel 2015, con la benedizione della porta d'accesso alla navata destra e la sua proclamazione a Porta Santa, il duomo è diventato una delle chiese giubilari del Giubileo Straordinario della Misericordia 2015.


Esterno

La facciata della chiesa, con i suoi fregi e le figure in cotto, riveste un notevole interesse artistico. Si tratta di opere fittili realizzate verso il 1450-1460 circa da maestranze piemontesi che guardano verosimilmente al linguaggio tardogotico d'oltralpe. Nella decorazione della facciata vennero impiegate, oltre a rilievi di personaggi modellati in terracotta, figurine di angeli e putti ed altri motivi ornamentali ottenuti a stampo.

La deperibilità del materiale impiegato ha comportato nei secoli numerosi interventi di restauro: i primi risalgono al 1666, mentre all'inizio del XX secolo si dovette procedere ad integrazioni più consistenti (come si osserva dalla tonalità più chiara dell'argilla).
Le decorazioni fittili si dispongono in modo da comporre un'alta ghimberga che arriva con le sue cordonature sino al colmo del tetto movimentando la semplicità della facciata a capanna; essa sottolinea, sul piano simbolico, l'ingresso della chiesa come porta del cielo.

La cuspide della grande ghimberga è simbolicamente sorretta da dodici coppie di figure umane, sei a destra e sei a sinistra del portale; in ogni copia si riconosce un profeta (con in testa un pesante berretto o una corona regale) ed un apostolo (con la testa circondata da un'aureola), posti uno a fianco all'altro per sottolineare la continuità tra Vecchio e Nuovo Testamento. Ciascuna figura è sormontata da baldacchino, sul quale si appoggia la figura sovrastante.

Il portale, fortemente strombato, è impreziosito da altre sei figure di santi fra le quali si riconoscono Giacomo il Maggiore, Giovanni Battista, San Pietro e San Paolo. Al centro della lunetta, tra tracce di affreschi ormai illeggibili, è posto il bel rilievo in terracotta con il busto della Madonna col Bambino. Subito al di sopra della lunetta, si innalza una seconda e più piccola ghimberga, al centro della quale è posta la figura del Redentore, mentre sui lati troviamo le immagini dell'Angelo Annunziante e della Vergine Annunciata.

Il vertice della piccola ghimberga si interseca con il rosone, nel quale si ripetono in cerchio teste barbate e altri motivi ornamentali.
In alto, nella grande cuspide compare un angelo che reca fra le braccia un tondo raggiato con al centro il monogramma del nome di Gesù reso celebre dalla predicazione di San Bernardino da Siena.

Il campanile della chiesa si innalza sulla destra della facciata: la sua costruzione in mattoni prese il via nel 1457 sacrificando la prima delle cappelle laterali. Originariamente culminava con un'alta guglia ottagonale costituita da una struttura in legno ricoperta con lamine metalliche (di qui il soprannome scherzoso dato ai Chivassesi di facia ‘d tòla, faccia di latta, che ancor oggi si conserva). La guglia andò distrutta ad opera della cannonate francesi nell'assedio del 1705. Al suo posto, nella seconda decade del Settecento, venne innalzata la attuale cella campanaria.




Interno
Al suo interno la chiesa è divisa in tre navate che, dal punto di vista architettonico e decorativo, si presentano in modo alquanto eterogeneo in virtù di una serie di rifacimenti succedutisi nel tempo. Nel primo Ottocento ebbe luogo un intervento di gusto neoclassico su progetto di Andrea Cattaneo che interessò in modo particolare l'abside ed il deambulatorio costruiti ex novo con strutture rese imponenti da colonne di impronta palladiana.

Alcune delle originali strutture gotiche in mattoni sono visibili oggi nella navata destra; esse sono state rimesse in luce negli anni Trenta-Quaranta del Novecento e poi ridecorate con affreschi di gusto neogotico. Sulla controfacciata è collocato il monumentale organo costruito nel 1843 da Felice Bossi.
Tra le opere d'arte conservate nella chiesa va segnalato un gruppo scultoreo raffigurante il Compianto su Cristo morto, posto all'inizio della navata laterale destra. Il gruppo è costituito da otto grandi figura in terracotta, quasi di grandezza naturale.

La scena si svolge attorno al corpo del Cristo morto, disteso su un sudario sorretto da Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea, mentre piangono il loro dolore la Madonna sorretta da Giovanni Evangelista, e tre Pie Donne (Maria Cleofa, Maria Salome e Maria Maddalena con il vasetto di unguento). L'opera, di pregevole fattura, è databile alla seconda metà del Quattrocento ed è attribuibile ad un plasticatore che si ispira ad esempi borgognoni; non troviamo nelle figure che partecipano al lamento funebre il pathos drammatico che caratterizza i coevi Compianti di area emiliana.

Al medesimo contesto culturale, connotato dalle pratiche devozionali proprie della religiosità francescana, appartiene il notevole dipinto collocato sul secondo altare laterale della navata destra. Si tratta di una tavola dipinta nel primo quarto del Cinquecento che raffigura anch'essa la scena del Compianto. Si tratta di un'opera di Defendente Ferrari - l'unica del pittore chivassese rimasta nella sua città natale - che ancora conserva la sua originale cornice lignea. Il dipinto è improntato da un linguaggio goticheggiante che persiste con successo in terra di Piemonte; vi si osservano abilità miniaturistiche e preziosità cromatiche che rimandano alla pittura nordica.












giovedì 2 febbraio 2017

NOCCIOLINI DI CHIVASSO

I Nocciolini di Chivasso sono minuscoli dolci a base di meringa e nocciole piemontesi, tipici della cittadina di Chivasso, nel Canavese, e sono riconosciuti come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (P.A.T.) italiano. Non vanno confusi con i Nocciolini di Canzo, che sono una specialità protetta della Regione Lombardia.
Cenni storici

I Nocciolini nacquero verso il 1850 ad opera del pasticcere Giovanni Podio. In origine si chiamavano “Noisettes” (nocciole in francese) o, in lingua piemontese “Noasèt”. Ernesto Nazzaro, genero di Giovanni Podio, portò i Nocciolini all'Esposizione Universale del 1900, che aveva sede a Parigi, ed a quella di Torino del 1911. I dolcini ottennero un successo enorme tanto che nel 1904 Nazzaro ottenne il brevetto col relativo marchio di fabbrica rilasciato dal Ministero del Commercio del Regno d'Italia.
La fama dei Nocciolini aumentò quando, sia Vittorio Emanuele III di Savoia che i duchi di Genova, concessero all'intraprendente produttore il titolo di “fornitore della Real Casa”.
Negli anni del fascismo il nome venne italianizzato in Nocciolini e così rimase.
Formato e accompagnamento

I Nocciolini tradizionali sono grossi quanto un'unghia ed hanno la forma di una mezza cupola o di una piccola goccia. Recentemente ne è nata una versione gigante (3-4 cm): i cosiddetti Noccioloni.

Sono composti esclusivamente di Nocciole della pregiata varietà “Tonda gentile delle Langhe” sgusciate e tostate, zucchero e albume d'uovo: la pasta che se ne ricava viene fatta colare a goccia su una placca da forno e qui cotta.
I Nocciolini sono quindi friabili, fragili e soggetti all'umido. Tradizionalmente venivano venduti in scatole di latta. Una ventina d'anni fa, invece, cominciarono a venire venduti in pacchetti di carta rosa o celeste cilindrici, lunghi e stretti, che ne resero più facile il trasporto e che contribuirono a diffonderli nel mondo.
Si accompagnano allo Zabajone e l'abbinamento è tanto amato che esiste persino una confraternita dël Sambajon e djj Nocciolini. A Chivasso se ne ricavano, inoltre, torte e gelati.
Abbinamenti consigliati


Cartello indicatore in cui vengono elencate le specialità di Chivasso
L'Alta Langa spumante rosato, ha un sentore che ricorda il lievito, la crosta di pane e la vaniglia, di sapore secco, sapido ben strutturato, perciò può esser servito come spumante da dolci [1] e da dessert a tavola, ben freddo, ad una temperatura di 9 °C. I nocciolini di Chivasso si possono immergere nello spumante rosato d'Alta Langa conferendo ai nocciolini stessi un retrogusto regale di vaniglia.