Storia
La chiesa è abitualmente (e impropriamente) chiamata dai Chivassesi "il Duomo"; in realtà essa ha la qualifica di "insigne collegiata", concessa dal
vescovo d'Ivrea monsignor
Luigi Bettazzi nel
1996, in quanto antica ed illustre sede di un
capitolo di canonici.
La decisione di costruire la chiesa – destinata a diventare la nuova sede del capitolo dei canonici già presenti in Chivasso nel vecchio borgo occidentale di San Pietro – venne assunta dal Marchese del Monferrato
Teodoro II della dinastia dei
Paleologi nel
1415. La scelta di finanziare la costruzione della chiesa sulla allora piazza del mercato, nei pressi del palazzo marchionale (del quale resta oggi solo la poderosa torre in pietra a pianta ottagonale) si inseriva nel progetto urbanistico di abbellimento del centro cittadino, cuore pulsante della florida economia chivassese.
La costruzione della chiesa proseguì con il successore di Teodoro II,
Giovanni Giacomo, che fu marchese tra il
1418 ed il
1445. Egli tuttavia, gravato dalle spese militari connesse alla sua politica espansionistica, già dal
1425 si trovò nell'impossibilità di continuare a finanziari i lavori della chiesa. Si rese così necessario l'intervento della "Credenza" cittadina che assunse l'onere del completamento della costruzione. La chiesa, anche se incompiuta, fu consacrata nel
1429 dal
vescovo d'Ivrea Giacomo de Pomariis. Nel
1475 venne innalzata la volta della
navata maggiore e del
presbiterio, mentre il campanile venne terminato nel
1487. L'effettivo trasferimento nella nuova collegiata del capitolo dei canonici avvenne solo nel
1480[1].
Nel
2015, con la benedizione della porta d'accesso alla navata destra e la sua proclamazione a Porta Santa, il duomo è diventato una delle chiese giubilari del
Giubileo Straordinario della Misericordia 2015.
EsternoLa facciata della chiesa, con i suoi fregi e le figure in
cotto, riveste un notevole interesse artistico. Si tratta di opere fittili realizzate verso il
1450-
1460 circa da maestranze piemontesi che guardano verosimilmente al linguaggio tardogotico d'oltralpe. Nella decorazione della facciata vennero impiegate, oltre a rilievi di personaggi modellati in terracotta, figurine di angeli e putti ed altri motivi ornamentali ottenuti a
stampo.
La deperibilità del materiale impiegato ha comportato nei secoli numerosi interventi di restauro: i primi risalgono al
1666, mentre all'inizio del
XX secolo si dovette procedere ad integrazioni più consistenti (come si osserva dalla tonalità più chiara dell'argilla).
Le decorazioni fittili si dispongono in modo da comporre un'alta
ghimberga che arriva con le sue cordonature sino al colmo del tetto movimentando la semplicità della
facciata a capanna; essa sottolinea, sul piano simbolico, l'ingresso della chiesa come porta del cielo.
La
cuspide della grande ghimberga è simbolicamente sorretta da dodici coppie di figure umane, sei a destra e sei a sinistra del portale; in ogni copia si riconosce un
profeta (con in testa un pesante berretto o una corona regale) ed un
apostolo (con la testa circondata da un'aureola), posti uno a fianco all'altro per sottolineare la continuità tra
Vecchio e
Nuovo Testamento. Ciascuna figura è sormontata da
baldacchino, sul quale si appoggia la figura sovrastante.
Il
portale, fortemente strombato, è impreziosito da altre sei figure di santi fra le quali si riconoscono
Giacomo il Maggiore,
Giovanni Battista,
San Pietro e
San Paolo. Al centro della
lunetta, tra tracce di affreschi ormai illeggibili, è posto il bel rilievo in terracotta con il busto della Madonna col Bambino. Subito al di sopra della lunetta, si innalza una seconda e più piccola ghimberga, al centro della quale è posta la figura del
Redentore, mentre sui lati troviamo le immagini dell'Angelo Annunziante e della Vergine Annunciata.
Il vertice della piccola ghimberga si interseca con il
rosone, nel quale si ripetono in cerchio teste barbate e altri motivi ornamentali.
In alto, nella grande cuspide compare un angelo che reca fra le braccia un tondo raggiato con al centro il monogramma del nome di Gesù reso celebre dalla predicazione di
San Bernardino da Siena.
Il
campanile della chiesa si innalza sulla destra della facciata: la sua costruzione in mattoni prese il via nel
1457 sacrificando la prima delle cappelle laterali. Originariamente culminava con un'alta
guglia ottagonale costituita da una struttura in legno ricoperta con lamine metalliche (di qui il soprannome scherzoso dato ai Chivassesi di facia ‘d tòla, faccia di latta, che ancor oggi si conserva). La guglia andò distrutta ad opera della cannonate francesi nell'assedio del
1705. Al suo posto, nella seconda decade del Settecento, venne innalzata la attuale
cella campanaria.
InternoAl suo interno la chiesa è divisa in tre
navate che, dal punto di vista architettonico e decorativo, si presentano in modo alquanto eterogeneo in virtù di una serie di rifacimenti succedutisi nel tempo. Nel primo
Ottocento ebbe luogo un intervento di gusto
neoclassico su progetto di
Andrea Cattaneo che interessò in modo particolare l'
abside ed il
deambulatorio costruiti ex novo con strutture rese imponenti da colonne di impronta
palladiana.
Alcune delle originali
strutture gotiche in mattoni sono visibili oggi nella navata destra; esse sono state rimesse in luce negli anni Trenta-Quaranta del Novecento e poi ridecorate con affreschi di gusto
neogotico. Sulla controfacciata è collocato il monumentale organo costruito nel
1843 da
Felice Bossi.
Tra le opere d'arte conservate nella chiesa va segnalato un gruppo scultoreo raffigurante il
Compianto su Cristo morto, posto all'inizio della navata laterale destra. Il gruppo è costituito da otto grandi figura in terracotta, quasi di grandezza naturale.
La scena si svolge attorno al corpo del
Cristo morto, disteso su un
sudario sorretto da
Nicodemo e
Giuseppe d'Arimatea, mentre piangono il loro dolore la
Madonna sorretta da
Giovanni Evangelista, e tre Pie Donne (
Maria Cleofa,
Maria Salome e
Maria Maddalena con il vasetto di unguento). L'opera, di pregevole fattura, è databile alla seconda metà del
Quattrocento ed è attribuibile ad un plasticatore che si ispira ad esempi
borgognoni; non troviamo nelle figure che partecipano al lamento funebre il pathos drammatico che caratterizza i coevi
Compianti di area emiliana.
Al medesimo contesto culturale, connotato dalle pratiche devozionali proprie della
religiosità francescana, appartiene il notevole dipinto collocato sul secondo altare laterale della navata destra. Si tratta di una tavola dipinta nel primo quarto del
Cinquecento che raffigura anch'essa la scena del Compianto. Si tratta di un'opera di
Defendente Ferrari - l'unica del pittore chivassese rimasta nella sua città natale - che ancora conserva la sua originale cornice lignea. Il dipinto è improntato da un
linguaggio goticheggiante che persiste con successo in terra di
Piemonte; vi si osservano abilità
miniaturistiche e preziosità cromatiche che rimandano alla pittura nordica.